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La giornata Mondiale degli Oceani

8 giugno. Giornata mondiale degli Oceani.

Save the date. Mai come in questo periodo è importante ricordare la giornata mondiale degli Oceani. I nostri mari, che coprono la maggior parte del territorio del nostro pianeta, non vivono giorni felici.

L’ONU, così, ha deciso di dedicare loro una giornata per porre l’attenzione sulle problematiche che li stanno affliggendo e sulle soluzioni adottabili per salvaguardare l’ambiente.

La Giornata Mondiale degli Oceani è dunque un’occasione d’oro per soffermarsi a pensare su quello che ognuno di noi può fare per migliorare le cose.

Partiamo da dei dati tanto certi quanto sconcertanti. I nostri Oceani sono inquinati e la colpa è nostra. Dalla plastica ai pesticidi, sono tanti i fattori che stanno trasformando il cuore blu del Mondo in una discarica a cielo aperto.

Secondo il WWF, ogni minuto finisce nei nostri mari circa un camion di rifiuti di plastica, bottiglie, sacchetti e molto altro ancora, materiale non biodegradabile che finisce, spesso, per uccidere diverse specie di uccelli, mammiferi e pesci, come gabbiani e balene.

Un sacchetto di plastica, per essere chiari, può causare l’ostruzione dell’apparato digerente impedendo le vie respiratorie e l’assunzione di cibo con l’inevitabile conseguenza della morte.

Facciamo attenzione perché non è un problema così distante dalle nostre coste.

E’ notizia di questi giorni il ritrovamento di un capodoglio trovato morto nelle coste della Sardegna, a Porto Cervo. Il cetaceo era incinta e la causa della morte è stata la presenza di ben 22 Kg di plastica nel suo stomaco. Avete capito bene. 22 Kg di plastica. Due terzi del volume dello stomaco dell’animale era occupato da plastica, la stessa che utilizziamo tutti i giorni, la stessa che vediamo galleggiare in riva al mare l’estate.  

Purtroppo non parliamo di casi isolati.

E’ notizia anch’essa recente il ritrovamento di una balena morta nelle filippine. La causa? 40 Kg di plastica trovati nello stomaco. 

Potremmo andare avanti per delle ore. Un bollettino di guerra causato dalla nostra mancanza di rispetto nei confronti del mare e non solo. Questo perché, pur parlando di rifiuti marini, a causa delle mareggiate si possono depositare lungo le coste inquinando chilometri e chilometri di spiagge.

Ogni anno si stima che finiscano in mare circa dai 4,8 ai 12,7 milioni di rifiuti di plastica, con una particolare concentrazione nel sud-est asiatico. In generale, il WWF stima che ad oggi siano finiti complessivamente in mare circa 86 milioni di tonnellate di plastica.

Ma non solo, anche le microplastiche sono un grave problema. Queste piccole particelle di plastica vengono spesso aggiunte a cosmetici come creme per la pelle, shampoo e gel doccia che finiscono nei nostri fiumi e nei nostri mari con le acque reflue. Queste microplastiche possono essere assorbite da organismi marini come evidenziato da molti test su alcune specie animali marine.

Le isole galleggianti di plastica. Ecco dove sono e il loro impatto sull’ambiente

Per dare una misura della portata del fenomeno basta ricordare che nei nostri mari esistono sei isole di plastica, agglomerati di rifiuti plastici che si estendono per centinaia di chilometri.

Al primo posto abbiamo la “Great Pacific Garbage Patch” nota anche come “Pacific Trash Vortex“, l’isole di plastica più grande al mondo composta da plastica, appunto, metalli leggeri e residui organici. Quest’isola si trova nel pacifico e si sposta con le correnti oceaniche del vortice subtropicale del Nord Pacifico. Le stime sulla dimensione sono impressionanti: Un’estensione di minimo 700.000 chilometri quadrati ed un massimo di 10 milioni di chilometri quadrati, per un totale di 3 milioni di tonnellate di plastica.

Al secondo posto abbiamo la “North Atlantic Garbage Patch“, la seconda per estensione con circa 4 milioni di chilometri quadrati, scoperta nel 1972. Quest’isola viene spinta dalle correnti Nerd Atlantiche ed è famosa per la sua densità. Infatti, si stima che ci siano circa 200 mila detriti per chilometro quadrato. 

Al terzo posto troviamo la “South Pacific Gargbage Patch“, grande quanto 8 volte l’Italia. Quest’isola di plastica è stata scoperta al largo del Cile e Perù, nell’Oceano Pacifico, da Charles Moore, lo stesso che con il suo team di ricerca scoprì  il Pacific Trash Vortex. Questo agglomerato di plastica ha un’estensione di 2,6 milioni di chilometri quadrati ed è composto prevalentemente da frammenti di plastica erosi dagli agenti atmosferici. 

Al quarto posto troviamo la “Indian Ocean Garbage Patch“, un’isola di plastica presente nell’Oceano Indiano con un’estensione di circa 2 milioni di chilometri quadrati, scoperta ufficialmente nel 2010. 

Al quinto posto troviamo la “South Atlantic Garbage Patch” che si estende per circa 1 milione di chilometri quadrati ed è spinta dalla corrente sud atlantica. Quest’isola è situata tra il Sud America e il Sud Africa.

All’ultimo posto, ma non meno importante, è l’ “Artic Garbage Patch” la più piccola al mondo, scoperta nel mare di Barents, vicino al circolo polare artico. Quest’isola è causata dalle plastiche rilasciate in mare dal Nord America ed Europa e che sono andate alla deriva fino a raggiungere il circolo polare artico.

E il nostro mar Mediterraneo?

Anche il nostro mare non vive dei giorni felici. Infatti, si stima la presenza di 27 scarti per chilometro quadrato, la maggior parte di plastica. La maglia nera va al Mar Adriatico, con 27 rifiuti per chilometro quadrato, il 41% composto da plastica. Il Mar Tirreno conta la più alta concentrazione di bottiglie di plastica, il 34% contro il 29% di buste, mentre lo Ionio è il mare più pulito con “solo” 7 rifiuti per chilometro quadrato di cui il 18% composto da buste di plastica.

L’Europa è al secondo posto al mondo per la produzione di plastica riversando in mare ogni anno fino a 500.000 tonnellate di macroplastiche e fino a 130.000 tonnellate di microplastiche. Vista la natura del Mediterraneo, un mare chiuso, nonostante sia solo l’1% delle acque mondiali, detiene il 7% delle microplastiche globali.

In un quadro come quello che abbiamo appena delineato, il World Ocean Day non è una semplice giornata fine a se stessa ma un’occasione imperdibile per porre l’attenzione su queste cifre e trovare dei rimedi immediati per invertire questa tendenza ormai da troppo tempo in continuo peggioramento.

Al motto di “together we can” la giornata mondiale degli Oceani si pone come obbiettivo quello di sensibilizzare la popolazione circa il fenomeno dell’inquinamento dei mari segnalando alle organizzazioni mondiali una problematica che troppo a lungo è stata sottovalutata.

La giornata, voluta dall’ONU, è l’occasione per trovare linee guida comuni e soluzioni condivise per ridurre drasticamente l’uso della plastica e trovare soluzioni concrete per salvaguardare i nostri mari.

La giornata si rivolge, in particolare ai giovani di tutto il mondo, il futuro del Pianeta. Per questo nel 2016 nacque il primo “World Oceans Day Youth Advisory Council<

”, un consiglio formato da giovani di tutto il mondo con l’obbiettivo di realizzare il Word Ocean Day. Il consiglio è una vera officina di idee condivise per migliorare la salute degli Oceani, frutto della collaborazione fra ragazzi di tutto il mondo, senza limiti geografici o di razza. L’8 giungo è una giornata importante ma il consiglio lavora tutto l’anno per trovare soluzioni da sottoporre ai governi per agire in tempi rapidi.

“È stata un’esperienza speciale per me da quando mi sono unita al consiglio all’inizio del 2018” ha detto Wengin Zhang, ragazza cinese membro del consiglio dei giovani,” Il consiglio mi ha ispirata come mai avevo provato prima. Mi ha fatto pensare alla responsabilità e sul potenziale dei giovani”

Possiamo definire il progetto del Word Ocean Day un open source. Infatti, qualsiasi persona in ogni parte del mondo può creare un evento relativo alla salvaguardia degli Oceani. Vengono proposti diversi temi per sviluppare i propri eventi. Da quelli virtuali a quelli collegati all’arte e alla fotografia. Ognuno può sviluppare un evento e renderlo pubblico sui social media. Ogni occasione è buona per porre l’attenzione sul tema dell’inquinamento dei nostri mari.

Per fare un esempio, in Australia, nel 2018, è stato sviluppato un evento che coinvolge le scuole secondarie e che ha avuto come scopo quello di incentivare i ragazzi a realizzare delle foto che raccontassero il fascino e la bellezza del mare. Si è trattato di una gara di fotografia che si è tenuta a Gold Coast City, una cittadina nel Queensland che si affaccia sull’Oceano Pacifico, in Australia.

Le iniziative messe in campo possono essere diverse. Ognuno può decidere in che modo preferisce partecipare, se con delle iniziative o con un semplice hashtag #TogetherWeCan.

Un’ottima notizia viene proprio dall’Europa che a dicembre 2018 ha messo al bando la plastica monouso, come le bottiglie e le cannucce. <

Questo è un piccolo grande passo ma ognuno di noi può e deve fare qualcosa nella vita di tutti i giorni per ridurre i consumi di plastica privilegiando materiali ecosostenibili e riducendo i consumi di acqua in bottiglia a favore dell’acqua del rubinetto.

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